Inizia a pensare ad un romanzo sui primi anni Ottanta, che avrebbe dovuto intitolarsi Un weekend postmoderno. Scrive i primi tre capitoli e poi il progetto viene abbandonato.
«Era per me il tentativo, poi rimasto sulla carta, di fare un romanzo proprio traducendo, trascrivendo le parlate dei party di quegli anni. Praticamente dovevano essere cinque, sei, sette feste, una a Firenze, una a Bologna, una a Milano, una a Londra, in cui si descriveva con una lingua molto cantata, quasi poematica, molto mischiata, con i dialoghi inseriti, senza virgolettature nel testo, con una lingua abbastanza strana... Anche come leggibilità era molto forte, troppo forse...»
Ci sono anche altre ragioni per spiegare l’abbandono del progetto: la scoperta degli eccessi legati a
quelle «euforie», l’omicidio di Francesca Alinovi...: «Per me, gli anni Ottanta finirono già lì, nel 1983, durante quel fine-settimana dove, sotto l’apparenza di una fiesta mobile di ragazzi allegri, e anche scatenati, si rivelarono la follia dei rapporti, l’eccesso di certi riti e anche la paura. Dopo fu solamente il momento dell’osservazione e della riflessione, del lavoro sul materiale più o meno autobiografico».
Inizia a progettare il romanzo Rimini, la cui elaborazione lo impegnerà fino al 1985.
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